Giallo/mistero, Recensioni del Gatto in Libreria

C’E’ UN CADAVERE IN BIBLIOTECA, Agatha Christie

Recensione di “C’è un cadavere in biblioteca”


Autrice: Agatha Christie

Casa editrice: Mondadori

Genere: giallo

Pagine: 177

Prima pubblicazione: 1942

Titolo originale: The body in the library

Gradimento personale: 2,5/5 ⭐️

La signora Bantry balzò a sedere sul letto. Poteva darsi che il suo sogno avesse preso una strana piega, oppure era realmente entrata nella camera Mary, gridando l’incredibile e fantastica notizia che c’era un cadavere nella biblioteca?

C’è un cadavere in biblioteca, pag. 8

“C’è un cadavere in biblioteca” non è un brutto libro, per nulla, ma non si può nemmeno definirlo entusiasmante, almeno per quella che è stata la mia esperienza di lettura. Il sentimento prevalente è stato, riassumendo, quello della noia intervallato, di tanto in tanto, da un briciolo di curiosità.

Ciò che mi ha impedito di farmi travolgere dalla narrazione è stato lo stile secco, schematico e apatico che si limitava a proporre gli avvenimenti in maniera asciutta e priva di emozioni. Se da un lato capisco questa scelta, ovvero quella di riproporre la storia nel modo più oggettivo e analitico possibile, dall’altro non lo condivido per nulla. Questa penna, così precisa e quasi cinica, sorvolava sugli eventi togliendo numerose sfumature a una storia che, alla fine dei conti, è risultata estremamente piatta; aspetto che più ha patito di ciò sono stati i personaggi.

Leggere questo libro, per me, è stato come sentire i pettegolezzi riguardanti gli amici degli amici: un po’ di curiosità c’è certamente, ma il sentimento preponderante è l’indifferenza nei confronti di quelli che, alla fine, sono soltanto nomi lontani che nulla significano per noi.

Penso che questa possa essere una lettura adatta ai fan dei gialli più analitici, ma non a chi cerca altre emozioni o sfumature oltre al giallo.

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Fantasy, Giallo/mistero, Recensioni del Gatto in Libreria

PIRANESI, Susanna Clarke

Recensione di “Piranesi”


Autrice: Susanna Clarke

Casa editrice: Fazi Editore

Genere: fantastico, mistero

Pagine: 267

Prima pubblicazione: 2020

Titolo originale: Piranesi

Gradimento personale: 5/5 ⭐️

È forse irrispettoso nei riguardi della Casa, il fatto che alcune Statue mi piacciano più di altre? A volte mi pongo la domanda. Sono convinto che la Casa ami e benedica in egual misura tutto ciò che essa ha creato. Dovrei provare a farlo anch’io?

Piranesi, pag. 27

“Piranesi” è il classico libro impossibile da recensire perché basta che sfugga una mezza parola e boom si è fatto uno spoiler. In questi casi preferisco sempre restare sul generico, dire poco giusto per non dire nulla, e lasciare al lettore il piacere di viversi il romanzo senza l’ombra di un’anticipazione… perché, fidatevi, merita davvero.

Paradossalmente, l’inizio è stato estremamente demotivante, lento, dispersivo… non si capiva dove la storia volesse andare a parare. Avrò impiegato quasi un mese per leggere un’ottantina di pagine. Poi si è accesa la scintilla ed è avvenuta l’esplosione: dopo il primo colpo di scena non sono più riuscita a staccarmi dalle pagine e ho terminato le ultime duecento in un paio di giorni scarsi.

Tutto, in questo libro, trasuda originalità (stile, trama, personaggi), ma l’elemento che a mio avviso dà al testo una marcia in più è la scelta del narratore, ovvero Piranesi, l’Amato Figlio della Casa. Ma cos’è questa Casa?

La Casa è uno degli elementi centrali (e anche tra i più affascinanti) del romanzo. Si tratta di un luogo immenso e magnifico, composto da migliaia e migliaia di saloni di marmo decorati con stupende e monumentali statue. Un luogo smisurato, infinito e incredibilmente vuoto, infatti Piaranesi ne è l’unico abitante… oltre a l’Altro.

Questo è tutto ciò che si può dire senza rovinare al lettore il gusto di immergersi in questo libro. Ma fidatevi se vi dico che non ve ne pentirete. “Piranesi” è uno dei rarissimi casi dove l’enorme successo e riconoscimento mediatico è più che meritato.

Giallo/mistero, Raccolta di racconti, Recensioni del Gatto in Libreria, Soprannaturale

LA VOCE DELL’ACQUA, Stefano Mazzesi

Recensione di “La voce dell’acqua e Il cercatore di bolle”

Autore: Stefano Mazzesi

Casa editrice: Clown Bianco

Genere: mistero, soprannaturale, racconti

Pagine: 85

Prima pubblicazione: 2018

Titolo originale: La voce dell’acqua, Il cercatore di bolle

Gradimento personale: 4/5 ⭐️

Guardo l’orologio; è ancora presto, ma sono a casa da solo e quindi vado in bagno. A fare la doccia, la seconda della giornata. Di solito ne faccio quattro, cinque al giorno. In vita mia non ho mai usato la vasca, odio la vasca, è triste e noiosa. Fare la doccia mi esalta, passerei ore sotto il getto tiepido. In ascolto. Perchè nell’acqua ci sono le voci.

La voce dell’acqua, pag. 9

“La voce dell’acqua” e “Il cercatore di bolle” sono due racconti abbastanza brevi e indipendenti l’uno dall’altro, accomunati solo da un’atmosfera inquieta e soprannaturale.

Il primo, quello che mi è piaciuto maggiormente, è incentrato su Tommaso, un ragazzo di 15 anni inspiegabilmente capace di percepire voci e discussioni altrui attraverso l’acqua. Ho adorato l’atmosfera cupa e trasandata che permeava la vicenda lasciando intendere che, nonostante il lieto fine, in fondo non restava speranza per nessuno dei personaggi. Sebbene l’elemento paranormale sia fondamentale all’interno della vicenda, il vero protagonista del racconto è un omicidio che deve venire risolto, dando alla storia una forte tinta gialla.

Per quanto riguarda il secondo, “Il cercatore di bolle”, mi è piaciuto decisamente di meno sebbene l’abbia comunque apprezzato molto. Il protagonista è Luca, un povero uomo solo e disperato alla ricerca del figlio morto… o meglio, alla ricerca di una bolla che gli permetta di parlare col bambino defunto. Queste cosiddette bolle sono dei misteriosi fenomeni paranormali, una sorta di alterazione climatica che porta un gelo innaturale permettendo ai vivi di mettersi in contatto coi morti.

Sono molti gli elementi che ho apprezzato di questo libro, primo fra tutti lo stile malinconico e cupo capace di plasmare atmosfere e situazioni decisamente inquietanti. Ho apprezzato moltissimo anche il fatto che gli elementi mistici non venissero mai spiegati, ma semplicemente esposti come dati di fatto lasciando un affascinante alone di mistero su questo mondo ambiguo e incomprensibile.

La curiosità c’è, l’inquietudine c’è, la pelle d’oca sulle braccia c’è, tutte le ottime premesse ci sono, ma purtroppo questi racconti non sono riusciti a raggiungere le 5 stelle. Questo perché in entrambe le storie ho avuto quasi l’impressione che l’autore avesse fretta di chiuderle, di terminarle il prima possibile. A parte questi finali abbastanza sbrigativi e che hanno un po’ guastato il gusto dei racconti, consiglio vivamente “La voce dell’acqua e Il cercatore di bolle”, una lettura rapida ma molto d’impatto.

Giallo/mistero, Recensioni del Gatto in Libreria, Soprannaturale

LE SETTE MORTI DI EVELYN HARDCASTLE, Stuart Turton

Recensione di “Le sette morti di Evelyn Hardcastle”

Autore: Stuart Turton

Casa editrice: Neri Pozza

Genere: mistero, giallo, soprannaturale

Pagine: 523

Prima pubblicazione: 2018

Titolo originale: The seven deaths of Evelyn Hardcastle

Gradimento personale: 3,5/5 ⭐️

Ho il vuoto nel cervello. Non so chi sia Anna, né perché stia chiamando il suo nome. Non so nemmeno come abbia fatto ad arrivare qui. Sono in un bosco, e mi proteggo gli occhi dalla pioggia sottile. Sento il cuore che batte all’impazzata. Puzzo di sudore e mi tremano le gambe. Devo aver corso, ma non ricordo il perché.

Le sette morti di Evelyn Hardcastle, pag. 9

“Le sette morti di Evelyn Hardcastle” è un libro che, a mio avviso, ha indubbiamente molte potenzialità ma è innegabile che non sia stato in grado di giocare al meglio le proprio carte e, soprattutto, che non sia riuscito a dare una conclusione soddisfacente al suo complesso intreccio.

Spiegare le vicende di questo libro senza fare spoiler (e senza perdersi nei suoi labirinti) è un’impresa davvero ardua: siamo difronte a uno di quei romanzi dove o dici tutti o non dici niente, non esistono vie di mezzo. Io scelgo la secondo opzione, quindi racconterò solo degli elementi necessari per poter seguire il filo della mia recensione.

Blackheath è una casa immensa, isolata e quasi maestosa nel suo stato d’abbandono. Ma non è solo la dimora dove Lord e Lady Hardcastle hanno scelto di organizzare una bizzarra festa, è anche la scena del crimine di molti efferati omicidi: il primo (avvenuto 19 anni prima dei fatti narrati) è quello del figlio minore della coppia, il secondo (quello attorno al quale ruota l’intero romanzo) vede come vittima la figlia maggiore, Evelyn Hardcastle. La particolarità di questa secondo morte è che essa è destinata a ripetersi in loop giorno dopo giorno fino a quando Aiden, il protagonista, non avrà trovato l’assassino. Ma non è finita qui perché Aiden ha a disposizione un ciclo di otto giorni per risolvere l’enegma, finito il quale gli verrà annullata la memoria e sarà costretto a ricominciare da capo. E dato che la situazione non è ancora abbastanza complicata, quest’uomo sarà costretto a risvegliarsi in un corpo diverso in ciascuna di queste giornate.

Lo stile dell’autore è incredibilmente schietto, diretto, privo di fronzoli. Solitamente non è uno dei miei stili preferiti, ma a questo giro l’ho apprezzato molto. Vista la complicatezza della trama era necessario un elemento chiaro, che permettesse al lettore di orientarsi all’interno dell’intreccio, quindi uno stile più retorico e allusivo avrebbe solo buttato benzina sul fuoco.

Per me è particolarmente difficile spiegare il perché abbia dato solo 3,5/5 ⭐️ a questo romanzo senza fare spoiler, anzi è letteralmente impossibile perché il suo problema è proprio il finale, ma ci proverò ugualmente. Questo libro ha un ambientazione paranormale, ma nulla viene spiegato come si deve… è tutto un abbozzo indistinto. A fine romanzo sono più le domande lasciate senza risposta che le soluzioni chiarite al lettore.

Appena ho terminato questo libro il mio primo pensiero è stato “facile vincere se si tengono nascoste le regole del gioco”. Ho avuto l’impressone che lo scrittore avesse costruito un labirinto di specchi senza uscita, un gioco di presigio il cui unico scopo è ingannare il lettore. Questa impressione è dovuta al fatto che l’elemento paranormale, invece di amalgamarsi all’intreccio e arricchirlo, diventa quasi una scorciatoia per permettere all’autore di andare avanti nella sua narrazione superando con facilità tutti i vari punti critici, lasciando però in sospeso moltissime questioni fondamentali. Insomma: è impossibile perdere se le regole del gioco si piegano ai bisogni del giocatore.

Mi rendo conto che, spiegato in modo tanto superficiale, questa critica può voler dire tutto come può non voler dire nulla; ma senza fare spoiler è il massimo che possa fare… anzi, forse ho già detto pure troppo…

In conclusione, trovo che “Le sette morti di Evelyn Hardcastle” sia stata un’occasione, un’ottima occasione, sprecata sotto molti aspetti. Con qualche pagina di contestualizzazione in più sarebbe stato davvero un magnifico romanzo.

Giallo/mistero, Recensioni del Gatto in Libreria

SÌ, TU SEI IL PROSSIMO, Ambra Zamuner

Recensione di “Sì, tu sei il prossimo”

Autrice: Ambra Zamuner

Genere: giallo, ironico

Pagine: 136

Casa editrice: bookabook

Prima pubblicazione: 2017

Gradimento personale: ⭐️⭐️/5

Un antico portone di legno con pesanti chiavistelli sbarrava l’accesso a un cortile di ghiaia bianca con un giardino curato. La casa di Miranda all’esterno era interamente in pietra, cosa che le piacque fin da subito, non appena la vide.

Sì, tu sei il prossimo, pag. 13

Inizierei col dire che da un romanzo intitolato “Sì, tu sei il prossimo” mi sarei aspettata tutt’altro. Mi sarei aspettata un giallo condito di tensione, pericoli e un susseguirsi di omicidi (una cosa alla Donato Carrisi, per intenderci) e invece mi sono trovata a leggere un comune giallo di provincia, condito con più descrizioni del paese che vittime.

Il libro non mi ha fatta impazzire. Ho certamente apprezzato le venature ironiche della narrazione, ma mi è parso abbastanza piatto come romanzo investigativo (e non solo) per vari motivi.

Primo fra tutti è stato il fatto che mi aspettassi tutt’altro ma qui, lo confesso, è stata anche colpa mia che non mi sono informata prima sulla trama.

Seconda cosa, anche questa già accennata in precedenza, è stato il fatto che davvero le descrizioni ambientali prendevano quasi più spazio rispetto a quelle degli omicidi (che, alla fine, sono tre), diciamo che la sfumatura del giallo provinciale ha prevalso su quella investigativa.

Terzo elemento, secondo me l’intero romanzo aveva bisogno di qualche pagina in più (soprattutto nel finale). Le vicende e le indagini scorrono veloci, spedite lungo le pagine… a un certo punto temevo che il narratore collassasse per mancanza di fiato. Scherzi a parte, questo ritmo serrato è una lama a doppio taglio: da un lato ho apprezzato il modo in cui è stata incalzata la lettura, ma dall’altra certe scene potevano prendersi tranquillamente più spazio. Secondo me ne avrebbe giovato l’interno romanzo, ma i personaggi in particolare.

E come quarto punto abbiamo lo stile: carino, certamente godible, ricco di note ironiche molto gradevoli… ma certe frasi non sono proprio riuscita a comprenderle. Alcuni periodi li ho dovuti rileggere un paio di volte prima di capire cosa volessero dire, mentre altre frasi ancora avevano seri problemi con la punteggiatura: si passava da un’inondazione di virgole in alcune righe alla totale siccità in altre. Anche se in maniera secondaria sono aspetti che hanno influito negativamente sulla mia lettura.

Infine… il finale. Non voglio dilungarmi troppo su questo punto per non fare spoiler, per non allungare eccessivamente la recensione (che si sta già protraendo verso l’infinito)… e perché, detto sinceramente, proprio non saprei da dove iniziare. Si è trattato di un finale assolutamente frettoloso, tracurato, a tratti illogico e pure ricco di incorenze… ed è lungo solo una decina di pagine… spero di aver reso l’idea. Mi ha lasciata con un amaro in bocca allucinante e mi ha veramente rovinato il romanzo che, fino a quel momento, mi stava anche piacendo.

Concluderei dicendo anche che, per la prima volta in vita mia, ho trovato un product placement di un libro all’interno del libro stesso…

Dopo cinque anni nella Grande Mela passati a scrivere di cronaca sui giornali, c’era stata la svolta con il suo primo libro giallo: “Sì, tu sei il prossimo” era stato pubblicato da una piccola casa editrice indipendente. Inspiegabilmente, anche per la stessa autrice, il libro aveva raggiunto un discreto successo negli Stati Uniti e aveva finito per diventare un best seller. Ovviamente il volume era stato solo il primo di una fortunata trilogia. All’incredibile esordio erano seguiti “Ti avevo avvisato, adesso è tardi” e “Eh, adesso è la fine”.

Sì, tu sei il prossimo, pag. 29-30

Non saprei davvero che dire… trovata carina sotto certi aspetti, ma secondo me portata all’esagerazione. E, da autrice, trovo davvero poco elegante che uno scrittore si faccia i complimenti da solo all’interno del suo romanzo. Tuttavia, capisco anche che a qualche lettore con una visione diversa dalla mia possa piacere.

In conclusione, consiglierei questo romanzo? Fino a quando non ho letto il capitolo finale avrei detto di sì perché, sebbene lo ritenessi manchevole come giallo, tutto sommato era stata una lettura gradevole… ma dopo la conclusione ho cambiato idea: un inizio aspro, uno sviluppo interessante e curioso, ma un finale disastroso.