Horror, Raccolta di racconti, Recensioni del Gatto in Libreria, Soprannaturale

COSE STRANE, Alessandra Paoloni

Recensione di “Cose strane”


Autrice: Alessandra Paoloni

Casa editrice: Delrai Edizioni

Genere: raccolta di racconti, horror, paranormale

Pagine: 395

Prima pubblicazione: 2020

Titolo originale: Cose strane

Gradimento personale: 4,5/5 ⭐️

Qual è secondo te Charlotte quella sottile invisibile demarcazione che solca di netto, o sembra farlo, la realtà dall’irrealtà, la vita dalla morte? Prima o poi tutti ci interroghiamo su questo eppure, se presti bene attenzione alla cosa, ti accorgi che in fondo tale linea non esiste, che un elemento è legato a un altro da un filo, come se esistenza e negazione della vita fossero un tutt’uno impercettibile ai nostri sensi.

Cose strane (High Wall), pag. 60-61

“Cose strane” è una raccolta di sei racconti medio-lunghi dai tratti cupi, inquieti e tetri. Si è trattato di un libro che mi è piaciuto davvero molto, alcuni racconti di più e altri di meno, ma nel complesso è stata una lettura inquietante ed estremamente apprezzata.

Dato che le storie contenute non sono molte, ci terrei a spendere qualche parola su ognuna di esse perché penso meritino molto; ovviamente senza fare spoiler, non preoccupatevi.

“High Wall” è il racconto d’apertura ed è stato uno dei miei preferiti (il secondo, se vogliamo essere precisi). Ciò che mi ha affascinata di questo testo è stata la magnifica gestione dei personaggi, in particola modo della protagonista che con estrema umanità ed emotività si è ritrovata ad affrontare una situazione a dir poco… strana, per restare in tema.

Il secondo racconto è “Membra con membra” che, nella sua brevità e delicatezza, si è rivelata essere una lettura perturbante e a tratti claustrofobica. Tuttavia, nonostante le magnifiche premesse e le indiscusse potenzialità di questo racconto, lo svolgimento in sè mi ha lasciata un filo delusa… devo ammettere che qualche pagina in più per approfondire e riprendere certe tematiche le avrei apprezzate molto. Lo stesso discorso vale per il terzo racconto,“Vendetta”: una storia che mi è certamente piaciuta e dall’incipit molto accattivante, ma dalla quale mi sarei aspettata qualcosina di più alla fine.

Il quarto racconto, “Seconda porta a sinistra”, è stato in assoluto il mio preferito e anche qui, come per “High Wall”, il merito è stato dei personaggi e, di nuovo, soprattutto della protagonista. Si tratta della classica storia di una casa infestata, assolutamente nulla di originale… eppure Paoloni ha saputo costruire dei personaggi talmente tanto vivi e tridimensionali che era praticamente impossibile non farsi coinvolgere dalle vicende e immedesimarsi in loro. E si tratta del racconto che ho apprezzato di più proprio per questo motivo: l’autrice ha saputo rendere freschi e interessanti i classici topos visti e rivisti del genere.

“Dimness – Nella penobra” è la penultima storia della raccolta, quella dalle sfumature più romantiche. Anche questo racconto l’ho apprezzato moltissimo ma, per quelli che sono i miei gusti, non ho particolarmente gradito la preponderante vena rosa del testo. Ciò non toglie che l’ho gradito nonostante uscisse un po’ dalla mia confort zone.

E concludiamo la raccolta con “Semper Eadem”. Sarò sincera, il finale di questo non l’ho proprio gradito, anzi, ho trovato deturpasse l’intero racconto; a parte la conclusione, il testo in sè mi è piaciuto davvero molto e mi ha veramente affascinata.

In generale mi sento vivamente di consigliare “Cose strane” agli amanti dell’horror e del sovrannaturale, perché sono certa che non ne resteranno delusi. E lo consiglio anche a coloro che non sono troppo avvezzi alle raccolte perché lo ritengo un buon inizio per avvicinarsi al genere.

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Giallo/mistero, Recensioni del Gatto in Libreria

C’E’ UN CADAVERE IN BIBLIOTECA, Agatha Christie

Recensione di “C’è un cadavere in biblioteca”


Autrice: Agatha Christie

Casa editrice: Mondadori

Genere: giallo

Pagine: 177

Prima pubblicazione: 1942

Titolo originale: The body in the library

Gradimento personale: 2,5/5 ⭐️

La signora Bantry balzò a sedere sul letto. Poteva darsi che il suo sogno avesse preso una strana piega, oppure era realmente entrata nella camera Mary, gridando l’incredibile e fantastica notizia che c’era un cadavere nella biblioteca?

C’è un cadavere in biblioteca, pag. 8

“C’è un cadavere in biblioteca” non è un brutto libro, per nulla, ma non si può nemmeno definirlo entusiasmante, almeno per quella che è stata la mia esperienza di lettura. Il sentimento prevalente è stato, riassumendo, quello della noia intervallato, di tanto in tanto, da un briciolo di curiosità.

Ciò che mi ha impedito di farmi travolgere dalla narrazione è stato lo stile secco, schematico e apatico che si limitava a proporre gli avvenimenti in maniera asciutta e priva di emozioni. Se da un lato capisco questa scelta, ovvero quella di riproporre la storia nel modo più oggettivo e analitico possibile, dall’altro non lo condivido per nulla. Questa penna, così precisa e quasi cinica, sorvolava sugli eventi togliendo numerose sfumature a una storia che, alla fine dei conti, è risultata estremamente piatta; aspetto che più ha patito di ciò sono stati i personaggi.

Leggere questo libro, per me, è stato come sentire i pettegolezzi riguardanti gli amici degli amici: un po’ di curiosità c’è certamente, ma il sentimento preponderante è l’indifferenza nei confronti di quelli che, alla fine, sono soltanto nomi lontani che nulla significano per noi.

Penso che questa possa essere una lettura adatta ai fan dei gialli più analitici, ma non a chi cerca altre emozioni o sfumature oltre al giallo.

Autobiografia, Narrativa, Narrativa biografica, Recensioni del Gatto in Libreria

LA CAMPANA DI VETRO, Sylvia Plath

Recensione di “La campana di vetro”


Autrice: Sylvia Plath

Casa editrice: Mondadori

Genere: narrativa autobiografica

Pagine: 219

Prima pubblicazione: 1963

Titolo originale: The bell jar

Gradimento personale: 5/5 ⭐️

«Lo sai che cos’è una poesia, Esther?».

«No, che cos’è?» dicevo io.

«Polvere.»

Poi, mentre lui sorrideva, cominciando a tirare fuori quella sua aria di superiorità, io dicevo: «Anche i cadaveri che tagliuzzi tu. Anche la gente che credi di curare: polvere sono, polvere, nient’altro che polvere. E una vera poesia dura molto ma molto più a lungo di cento dei tuoi pazienti messi insieme.»

La campana di vetro, pag. 48

“La campana di vetro” è uno di quei romanzi dolorosi quanto essenziali, strazianti quanto bellissimi. Leggere queste pagine è infilarsi, parola dopo parola, uno stiletto nel cuore.

Lo stile di Plath è estremamente delicato, affascinante, poetico e in vivo contrasto con la tematica che racconta, ovvero il suo ricovero all’ospedale psichiatrico in seguito a un tentato suicidio. Seppur certi aspetti di questa storia siano romanzati, le vicende narrate sono accadute realmente all’autrice e questo conferisce ulteriore potenza a un libro che, anche senza questa chiave di lettura, riesce ad affrontare con cinica precisione le tenebre della psiche umana.

Vedevo i giorni dell’anno come una lunga fila di scatole bianche luminose, separate l’una dall’altra dall’ombra nera del sonno. Solo che per me la lunga prospettiva di ombre che distinguevano una scatola dalla successiva si era improvvisamente spezzata, e la serie interminabile di giorni mi si apriva davanti abbagliante come un grande viale bianco di desolazione infinita.

La campana di vetro, pag. 106 – 107

“La campana di vetro” è un romanzo che affonda nelle tenebre e che, dal profondo di esse, descrive tutto ciò che è possibile percepire e intravvedere riuscendo a raccontare (ma di certo non a spiegare) come sia soffire di disturbo depressivo. Incantevole ed efficace è anche la stessa metafora di questa condizione che da anche il titolo all’intero romanzo.

Mi abbandonai all’indietro sul sedile di felpa grigia e chiusi gli occhi. L’aria della campana di vetro mi premeva intorno come bambagia e io non avevo la forza di muovermi.

La campana di vetro, pag. 153
Fantasy, Giallo/mistero, Recensioni del Gatto in Libreria

PIRANESI, Susanna Clarke

Recensione di “Piranesi”


Autrice: Susanna Clarke

Casa editrice: Fazi Editore

Genere: fantastico, mistero

Pagine: 267

Prima pubblicazione: 2020

Titolo originale: Piranesi

Gradimento personale: 5/5 ⭐️

È forse irrispettoso nei riguardi della Casa, il fatto che alcune Statue mi piacciano più di altre? A volte mi pongo la domanda. Sono convinto che la Casa ami e benedica in egual misura tutto ciò che essa ha creato. Dovrei provare a farlo anch’io?

Piranesi, pag. 27

“Piranesi” è il classico libro impossibile da recensire perché basta che sfugga una mezza parola e boom si è fatto uno spoiler. In questi casi preferisco sempre restare sul generico, dire poco giusto per non dire nulla, e lasciare al lettore il piacere di viversi il romanzo senza l’ombra di un’anticipazione… perché, fidatevi, merita davvero.

Paradossalmente, l’inizio è stato estremamente demotivante, lento, dispersivo… non si capiva dove la storia volesse andare a parare. Avrò impiegato quasi un mese per leggere un’ottantina di pagine. Poi si è accesa la scintilla ed è avvenuta l’esplosione: dopo il primo colpo di scena non sono più riuscita a staccarmi dalle pagine e ho terminato le ultime duecento in un paio di giorni scarsi.

Tutto, in questo libro, trasuda originalità (stile, trama, personaggi), ma l’elemento che a mio avviso dà al testo una marcia in più è la scelta del narratore, ovvero Piranesi, l’Amato Figlio della Casa. Ma cos’è questa Casa?

La Casa è uno degli elementi centrali (e anche tra i più affascinanti) del romanzo. Si tratta di un luogo immenso e magnifico, composto da migliaia e migliaia di saloni di marmo decorati con stupende e monumentali statue. Un luogo smisurato, infinito e incredibilmente vuoto, infatti Piaranesi ne è l’unico abitante… oltre a l’Altro.

Questo è tutto ciò che si può dire senza rovinare al lettore il gusto di immergersi in questo libro. Ma fidatevi se vi dico che non ve ne pentirete. “Piranesi” è uno dei rarissimi casi dove l’enorme successo e riconoscimento mediatico è più che meritato.

Recensioni del Gatto in Libreria, Thriller

RELIQUARY, D. Preston e L. Child

Recensione di “Reliquary”


Autori: Douglas Preston, Lincoln Child

Casa editrice: Sonzogno

Genere: thriller

Pagine: 453

Prima pubblicazione: 1997

Titolo originale: Reliquary

Seguito del thriller “Relic”

Gradimento personale: 3/5 ⭐️

C’erano coperte sparpagliate ovunque, intrise di sangue rappreso. Schizzi di sangue anche sui muri, insieme a particelle di qualcosa che il tenente preferì non esaminare. I soliti cartoni da imballaggio, ribaltati e in parte schiacciati. La base della nicchia era ricoperta di vecchi giornali. Il fetore si era fatto indescrivibile.

Reliquary, pag. 82

“Reliquary” è il secondo volume della serie thriller dedicata all’enigmatico agente del FBI Aloysius Xingú Leng Pendergast; il romanzo precedente è “Relic” (letto un paio di anni fa, ma del quale non ho mai scritto una recensione) mentre il successivo è “La stanza degli orrori”.

Questo libro, così come il primo della serie, è certamente piacevole, una lettura gradevole ma non eccezionale. Fino alla metà sono rimansta incollata alle pagine poi, pian piano che la storia si ramificava, ho iniziato a trovare la narrazione sempre più dispersiva e incapace di mantenere acceso l’interesse. Lo stile, in generale, l’ho trovato abbastanza accattivante, ma molti passaggi della trama erano scontati e piuttosto prevedibili.

Mi trovo abbastanza in difficoltà a scrivere questa recensione perché non c’è granché da dire: “Reliquary” è uno di quei romanzi senza particolari pregi o difetti. Una lettura piacevole, ma che non resta impressa nella memoria a lungo.

Dietro ai libri: scrittura, editoria e mercato, Recensioni del Gatto in Libreria

IL MESTIERE DI SCRIVERE, Raymond Carver

Recensione di “Il mestiere di scrivere. Esercizi, lezioni, saggi di scrittura creativa”


Autore: Raymond Carver

A cura di William L. Stull e Riccardo Duranti

Casa editrice: Einaudi

Genere: saggio sulla scrittura

Pagine: 146

Prima pubblicazione: 1997

Gradimento personale: 1,5/5 ⭐️

Ho sviluppato una sorta di dipendenza dalla scrittura di racconti e non potrei smettere neanche se volessi. E certamente non lo voglio.

Il mestiere di scrivere, pag. 64

Prima di partire con la recensione, specifichiamolo: questa misera mono-stellina non è per Carver (che continuo ad amare profondamente), ma per questo ammasso di testi chiamato “Il mestiere di scrivere” che i curatori hanno deciso di accorpare assieme e di spacciare per una pubblicazione seria.

“Il mestiere di scrivere” è semplicemente un ammasso di frammenti (prefazioni e postfazioni di altri libri o vecchi articoli) che, per quanto possano essere interessanti, privi del loro contesto originale risultano incompleti e ripetitivi. Oltre a ciò è presente la registrazione di una delle lezioni di scrittura creativa tenute da Carver che, sì si è rivelata essere estremamente interessante, ma anche qui la mancanza di contesto l’ha resa abbastanza inutile… soprattutto perché, durante l’intera durata di questa lezione, Carver non ha fatto altro che commentare con estrema minuzia i testi dei suoi studenti, testi che ovviamente non erano stati riportati all’interno del nostro volume.

Oltre alla delusione per il volume generale, un’altra cosa che mi ha lasciata allibita è stato il trovare molti refusi grossi come delle case: “taduzione” (proprio nella nota introduttiva ai testi) o “fendo” al posto di “fondo”, giusto per fare degli esempi. E no, purtroppo non sono io a essere severa o troppo precisina… non è la prima volta che la Einaudi pubblica dei testi di Carver contenenti errori tanto gravi ed evidenti e questa sgradevole ricorrenza non ha fatto altro che peggiorare il mio umore.

Carver, senza ombra di dubbio, resta un grandissimo autore capace di affascinarmi anche solo leggendo la sua lista della spesa, e infatti ho davvero apprezzato le sue osservazioni, ma inserite in un’edizione così priva di senso e di cura ho fatto davvero fatica.

Il volume si chiude con degli esercizi di scrittura che, sarò sincera, non ho ancora avuto modo di provare, ma già da una prima lettura non mi sono sembrati nulla di straordinario. Più che veri e propri esercizi, si trattano di tracce ispirate ai vari racconti di Carver; indubbiamente sono spunti stimolanti per un aspirante scrittore, ma anche qui ho notato il medesimo pressapochismo e scarsa attenzione presenti un po’ in tutto il volume.

In conclusione: una delusione immensa.

Fantasy, Narrativa, Recensioni del Gatto in Libreria

IL GATTO CHE VOLEVA SALVARE I LIBRI, Sosuke Natsukawa

Prima di partire in quarta con la nostra bella recensione, ci tenevo a fare a tutti i miei migliori, e ritardatari, auguri di buon Natale! Mi auguro che ieri sia andato tutto per il meglio e che anche oggi possiate passare un felice Santo Stefano.

Bene, dopo questa nota di dolcezza, direi che possiamo andare a massacrare questo libro.

Recensione di “Il gatto che voleva salvare i libri”


Autore: Sosuke Natsukawa

Casa editrice: Mondadori

Genere: narrativa giapponese, romanzo fantastico

Pagine: 177

Prima pubblicazione: 2020

Titolo originale: 本を守ろうとする猫の話

Gradimento personale: 2/5 ⭐️

Una pelliccia di tre vividi colori, una folta coda, degli occhi brillanti e penetranti, e due orecchie a forma di triangolo isoscele. Era un gatto a tutti gli effetti. I suoi baffi ebbero un rapido e quasi impercettibile fremito. “Hai per caso problemi di vista, ragazzino?” chiese senza tanti complimenti.

“Be’, insomma…” farfugliò Rintaro “non è che io sia proprio un’aquila, ma fino a vedere che davanti a me c’è un gatto parlante ci arrivo!”

Il gatto che voleva salvare i libri, pag. 19

Leggere questo libro è stata dura, non tanto per lo stile o per la storia, ma per i messaggi (a mio avviso banali ed erronei) che questo romanzo voleva trasmettere.

Ma iniziamo dagli aspetti positivi. La storia, di per sè, era carina e dalle tinte quasi fiabesche. Dopo la morte di suo nonno, Rintaro, un ragazzo estremamente introverso e amante dei libri, incontra un petulante gatto parlante che lo recluterà per la sua curiosa missione, quella di salvare i libri che vengono maltrattati. Tali maltrattamenti sono: il leggerli di fretta e accumulati, il tagliuzzati per accorciarli, oppure lo stamparli solo per buttarli il prima possibile nel mercato editoriale. Altra nota positiva è lo stile che ho trovato estremamente gradevole e apprezzabile… anzi, devo dire che è stata la mia unica ancora di salvezza durante la lettura.

Spezzate tutte le lance a favore, passiamo (anche se brevemente, per non fare spoiler agli eventuali futuri lettori) agli aspetti che personalmente, specifichiamolo, proprio non mi sono piaciuti. Questo romanzo voleva essere una sorta di celebrazione alla lettura e ai libri, ma nella maggior parte dei casi quelle che offriva erano riflessioni abbastanza banali, scontate e che ho trovato spesso stereotipate. Solo in pochissimi casi mi sono ritrovata ad apprezzare ciò che stavo leggendo.

Ho letto diverse recensioni di questo romanzo e ho notato che sono molti i lettori che hanno avuto le mie stesse impressioni… e devo dire che fa decisamente sorridere vedere come un libro il cui intento era quello di esaltare la lettura abbia in realtà fatto penare tanto il proprio pubblico di lettori…

Chiacchiere librose, Dark fantasy, Fantasy, Recensioni del Gatto in Libreria

GERALT DI RIVIA: recensione di una saga mai terminata

Ho iniziato a leggere la saga fantasy di Geralt di Rivia (scritta dall’autore polacco Andrzej Sapkowski) ormai quasi tre anni fa, a fine gennaio 2020. Anche se a rilento, ero sempre decisa a terminare tutti gli otto volumi che componevano questa serie… eppure oggi, a fine 2022, ho deciso inevitabilmente di rinunciare a due libri dalla fine.

Perchè, viste le premesse e tutte le mie buone intenzioni, ho abbandonato questa lettura? La risposta è illuminante quanto banale: le saghe non fanno per me. Ci sono quei lettori che, quando si appassionano, si leggono tutti e 20 i libri che compongono la saga principale, tutti i 15 spin off e pure i 17 prequel… e sinceramente li invidio per la loro fedeltà, ma non fa decisamente per me. Io, molto semplicemente, faccio parte di quei lettori che ricercano l’eterogeneità e che, per divertirsi con la lettura, hanno bisogno di storie diverse, generi diversi, personaggi e ambientazioni diversi… quindi, nel mio caso, arrivata al sesto volume della saga di Geralt, semplicemente, ho perso interesse.

Tuttavia, mi dispiaceva interrompere così bruscamente la lettura, senza nemmeno dare una spiegazione. Da qui è nata l’idea di scrivere questo articolo, per fare una sorta di piccola recensione riassuntiva dei volumi letti.


Mini recensione della saga di Geralt di Rivia

Primo e secondo volume: Il guardiano degli innocenti e La spada del destino

Questi due sono i primi veri volumi della saga. Specifico che sono i primi perché, essendo delle raccolte di racconti, spesso vengono ignorati… eppure, sono essenziali per poter cogliere i romanzi successivi visto che, con queste storie, vengono introdotti sia i personaggi che le premesse essenziali sulle quali si fonderanno tutti gli altri libri.

Devo dire che questi sono tra i libri che mi sono piaciuti maggiormente, soprattutto il secondo “La spada del destino” che ho trovato particolarmente intrigante.

Terzo e quarto volume: Il sangue degli elfi e Il tempo della guerra

Adesso passiamo ai primi romanzi veri e propri che qui recensirò in coppia perché entrambi, purtroppo, non mi sono piaciuti granché.

Più che storie fatte e finite, mi sono sembrate due infinite introduzioni, premesse senza capo né coda necessarie per porre le basi dei romanzi successivi.

Quinto e senso volume: Il battesimo del fuoco e La Torre della rondine

Dopo due volumi che ho trovato decisamente soporiferi, finalmente la storia torna a dare il meglio di sè con due libri adrenalinici che mi hanno fatta stare incollata alle pagine.

In particolar modo è stato “La Torre della rondine” ha farmi tentennare sulla mia scelta di abbandonare o meno la saga perché si è trattata di un volume adrenalinico e magnificamente intricato nei suoi vari complotti e colpi di scena.

Ultimo volume e spin off: La signora del lago e La stagione delle tempeste

Ed eccoci giunti ai due volumi finali che non ho letto e che, per ovvi motivi, non recensirò.

Mi limito solo a dire che “La signora del lago” è l’effettivo volume di chiusura della saga, mentre “La stagione delle tempeste” è uno spin off ambientato prima degli eventi narrati ne “Il sangue degli elfi”.

Ho sintito molti pareri estremamente positivi sul primo volume, ma purtroppo non si può dire altrettanto su questo secondo.


Fantasy, Recensioni del Gatto in Libreria, Urban fantasy

NESSUNDOVE, Neil Gaiman

Recensione di “Nessundove”


Autore: Neil Gaiman

Illustratore: Chris Riddell

Casa editrice: Mondadori

Genere: urban fantasy

Pagine: 398

Prima pubblicazione: 1996

Titolo originale: Neverwhere

Gradimento personale: 3/5 ⭐️

Cerca di capire: ci sono due Londre. C’è Londra Sopra – quella dove vivevi tu – e Londra Sotto – la parte sotterranea – abitata dalle persone che sono precipitate nelle fenditure del mondo. Tu sei uno di loro, adesso.

Nessundove, pag. 145-146

“Nessundove” è un urban fantasy molto particolare e decisamente ben costruito, in quest’opera si può già scorgere tutto il genio e la fantasia di Gaiman sebbene si tratti di uno dei suoi primissimi romanzi. Per quanto abbia apprezzato questo libro a livello di idea e di stile, devo confessare che non mi ha convinta del tutto.

Trovo sia abbastanza difficile, per me, spiegare come mai questo romanzo non mi abbia conquistata… semplicemente, non è andata, non mi ha preso tanto quanto altri lavori dell’autore, senza un motivo particolare.

In generale, come testo, l’ho trovato molto dispersivo. Un insieme di scene, personaggi, elementi fantastici e situazioni che, dopo essere apparsi, scomparivano per dar posto ai successivi. Questo concatenarsi di cose e accadimenti così eterogenei non mi è piaciuto particolarmente… avrei preferito ci fosse di meno, ma trattato con un po’ di cura (e qualche pagina) in più.

“Nessundove” è un fantasy assolutamente originale e brillante sotto certi aspetti, un’ottima lettura per gli appassionanti del genere, ma per me (che bazzico poco nel mondo del fantastico) non è stata una lettura particolarmente coinvolgente.

Dark fantasy, Fantasy, Recensioni del Gatto in Libreria, Romantico, Soprannaturale

DRACULA. LOVE NEVER DIES, Natascia Luchetti

Recensione di “Dracula. Love never dies”


Autrice: Natascia Luchetti

Casa editrice: Delrai Edizioni

Genere: dark fantasy, romance

Pagine: 335

Prima pubblicazione: 2017

Titolo originale: Dracula. Love never dies

Gradimento personale: 4/5 ⭐️

Quanto erano sciocchi gli umani! Nonostante tutte le nozioni apprese nel corso degli anni, non avevano ancora capito che l’essenza del vampiro è miserevole decadenza. Una morte in vita, un trascinarsi di malinconia fino all’infinito, passando di vita in vita, di conflitto in conflitto, divorando esistenze, nascendo e morendo con un sorso di sangue fresco che dopo poco marcisce.

Dracula. Love never dies, pag. 68-69

Ho incontrato “Dracula. Love never dies” sullo stand della Delrai Edizioni all’ultimo Salone del libro di Torino e, dopo mesi, finalmente ho trovato il tempo per leggerlo. Guardando copertina e retro, questo romanzo sembrava totalmente fuori dalla mia comfort zone, ma ho comunque deciso di dargli una possibilità perchè una mia cara amica (nonchè ottima lettrice) lo aveva letto e apprezzato molto; e devo dire di aver fatto decisamente bene a seguire il suo consiglio.

“Dracula. Love never dies” è sia una sorta di proseguo che di ripresa del grande classico. Tutti i personaggi, gli eventi e le tematiche sono state recuperate con fedeltà, ma riproposte in chiave moderna. Nonostante non abbia mai letto l’originale sono riuscita ad apprezzare ugualmente questa nuova versione, e questo per merito dell’autrice capace di guidare il lettore inesperto, senza mai annoiarlo, nei meandri e nelle sfumature del grande classico.

In questo mix tra antico e moderno predomina un’atmosfera dark e lugubre tinta, però, da dolci sfumature rosa. Essendo un’appassionata dell’inquieto ho apprezzato maggiormente quei capitoli più cupi e oscuri, ma non posso negare di aver gradito anche quelle parti più tenere ed emotive. Pur non essendo una fan del romance, Luchetti ha saputo ponderare bene queste due anime del romanzo (da un lato dark, dall’altro romantico) senza mai cadere nel banale o nello smieloso, rendendo questo “Dracula” una lettura gradevole anche per chi, come me, non è avvezzo al genere rosa.

Questa dicotomia tra luce e ombra, morte e vita, crudeltà e dolcezza, non è racchiusa soltanto nei generi che caratterizzano questo romanzo, ma è presente in ogni suo aspetto e sfumatura. Soprattutto nei personaggi. Tutti gli individui coinvolti in “Dracula. Love never dies”, infatti, sono un miscuglio di luce e ombre dove ciò che è bene e ciò che è male perdono i loro contorni ben delineati.

Anche lo stile dell’autrice mi è piaciuto, l’ho trovato gradevole, diretto, ben ponderato e mai banale.

Con “Dracula. Love never dies” ho decisamente fatto un salto nell’ignoto fuori dalla mia comfort zone e mai mi sarei aspettata che un romanzo così distante da ciò che leggo solitamente potesse piacermi e appassionarmi tanto. Ne consiglio assolutamente la lettura agli amanti del gotico e ai fan della celebre figura di Dracula.