Recensione di “Le sette morti di Evelyn Hardcastle”

Autore: Stuart Turton
Casa editrice: Neri Pozza
Genere: mistero, giallo, soprannaturale
Pagine: 523
Prima pubblicazione: 2018
Titolo originale: The seven deaths of Evelyn Hardcastle
Gradimento personale: 3,5/5 ⭐️
Ho il vuoto nel cervello. Non so chi sia Anna, né perché stia chiamando il suo nome. Non so nemmeno come abbia fatto ad arrivare qui. Sono in un bosco, e mi proteggo gli occhi dalla pioggia sottile. Sento il cuore che batte all’impazzata. Puzzo di sudore e mi tremano le gambe. Devo aver corso, ma non ricordo il perché.
Le sette morti di Evelyn Hardcastle, pag. 9
“Le sette morti di Evelyn Hardcastle” è un libro che, a mio avviso, ha indubbiamente molte potenzialità ma è innegabile che non sia stato in grado di giocare al meglio le proprio carte e, soprattutto, che non sia riuscito a dare una conclusione soddisfacente al suo complesso intreccio.
Spiegare le vicende di questo libro senza fare spoiler (e senza perdersi nei suoi labirinti) è un’impresa davvero ardua: siamo difronte a uno di quei romanzi dove o dici tutti o non dici niente, non esistono vie di mezzo. Io scelgo la secondo opzione, quindi racconterò solo degli elementi necessari per poter seguire il filo della mia recensione.
Blackheath è una casa immensa, isolata e quasi maestosa nel suo stato d’abbandono. Ma non è solo la dimora dove Lord e Lady Hardcastle hanno scelto di organizzare una bizzarra festa, è anche la scena del crimine di molti efferati omicidi: il primo (avvenuto 19 anni prima dei fatti narrati) è quello del figlio minore della coppia, il secondo (quello attorno al quale ruota l’intero romanzo) vede come vittima la figlia maggiore, Evelyn Hardcastle. La particolarità di questa secondo morte è che essa è destinata a ripetersi in loop giorno dopo giorno fino a quando Aiden, il protagonista, non avrà trovato l’assassino. Ma non è finita qui perché Aiden ha a disposizione un ciclo di otto giorni per risolvere l’enegma, finito il quale gli verrà annullata la memoria e sarà costretto a ricominciare da capo. E dato che la situazione non è ancora abbastanza complicata, quest’uomo sarà costretto a risvegliarsi in un corpo diverso in ciascuna di queste giornate.
Lo stile dell’autore è incredibilmente schietto, diretto, privo di fronzoli. Solitamente non è uno dei miei stili preferiti, ma a questo giro l’ho apprezzato molto. Vista la complicatezza della trama era necessario un elemento chiaro, che permettesse al lettore di orientarsi all’interno dell’intreccio, quindi uno stile più retorico e allusivo avrebbe solo buttato benzina sul fuoco.
Per me è particolarmente difficile spiegare il perché abbia dato solo 3,5/5 ⭐️ a questo romanzo senza fare spoiler, anzi è letteralmente impossibile perché il suo problema è proprio il finale, ma ci proverò ugualmente. Questo libro ha un ambientazione paranormale, ma nulla viene spiegato come si deve… è tutto un abbozzo indistinto. A fine romanzo sono più le domande lasciate senza risposta che le soluzioni chiarite al lettore.
Appena ho terminato questo libro il mio primo pensiero è stato “facile vincere se si tengono nascoste le regole del gioco”. Ho avuto l’impressone che lo scrittore avesse costruito un labirinto di specchi senza uscita, un gioco di presigio il cui unico scopo è ingannare il lettore. Questa impressione è dovuta al fatto che l’elemento paranormale, invece di amalgamarsi all’intreccio e arricchirlo, diventa quasi una scorciatoia per permettere all’autore di andare avanti nella sua narrazione superando con facilità tutti i vari punti critici, lasciando però in sospeso moltissime questioni fondamentali. Insomma: è impossibile perdere se le regole del gioco si piegano ai bisogni del giocatore.
Mi rendo conto che, spiegato in modo tanto superficiale, questa critica può voler dire tutto come può non voler dire nulla; ma senza fare spoiler è il massimo che possa fare… anzi, forse ho già detto pure troppo…
In conclusione, trovo che “Le sette morti di Evelyn Hardcastle” sia stata un’occasione, un’ottima occasione, sprecata sotto molti aspetti. Con qualche pagina di contestualizzazione in più sarebbe stato davvero un magnifico romanzo.
