Recensione di “Una vita come tante”

Autrice: Hanya Yanagihara
Casa editrice: Sellerio
Genere: narrativa contemporanea
Pagine: 1091
Prima pubblicazione: 2015
Titolo originale: A Little Life
Gradimento personale: 3,5/5 ⭐️
Era una tristezza più grande e profonda, che sembrava voler abbracciare tutte le persone infelici, i miliardi di persone che non conosceva e che si sforzavano di vivere le loro vite; una tristezza mista a stupore e ammirazione per gli sforzi che tutti quegli esseri umani dedicavano a tirare avanti anche quando era così difficile farlo, e le circostanze invitavano solo ad arrendersi. La vita è così triste, pensava in quei momenti. È così triste, eppure continuiamo a viverla, tutti: le restiamo attaccati, tenacemente, cercando qualcuno che ci offra un po’ di sollievo.
Una vita come tante, pag. 940
Prima di iniziare con la recensione, è necessaria una premessa: qualunque cosa si dirà su questo libro non sarai mai abbastanza, ci sarà sempre un qualcosa in più che la recensione (qualunque recensione) non riuscirà a comprendere. Questo perché “Una vita come tante” è un’opera mastodontica incentrata sulla vita di un singolo personaggio e sulle persone a lui più vicine; ogni singolo aspetto di loro viene sviscerato, portato alla luce e lasciato lì al sole ad appassire.
Ma di cosa parla “Una vita come tante”? Cosa viene raccontato in queste 1091 pagine? Il romanzo è incentrato su Jude St. Francis, un uomo incredibilmente capace, intelligente, talentuoso e amabile… o meglio, un uomo che è riuscito a diventare amabile nonostante tutte le torture (e non uso questo termine a caso) che gli ha riservato la vita. Una vita che lo ingabbia, che non riesce quasi a comprendere tanto essa è atroce e l’intero romanzo non è altro che un tentativo da parte di questo personaggio di rielaborare e accettare tutto ciò che ha dovuto subire.
Questo libro è senza alcun dubbio bello, ho apprezzato soprattutto lo stile dell’autrice perché l’ho trovato semplice, ma d’impatto e capace di rendere interessante letteralmente qualsiasi cosa. Certamente è un libro bello da leggere, ma se dovessi descriverlo in poche parole direi che è troppo e in troppi punti. Le due parole chiave in questo romanzo sono crudeltà e ripetizione.
Certe tematiche vengono ripetute e ripetute e ripetute quasi fino all’infinito, allungando a dismisura un libro che, senza di esse, sarebbe stato lungo la metà. Da un lato capisco questo aspetto perché un personaggio complesso e sfaccettato come il protagonista Jude non può rivelarsi (aprirsi al lettore prima ancora che a se stesso) in poche pagine, capisco abbia bisogno del spazio ma dall’altro lato, non posso negare che queste costanti mi hanno molto demotivata come lettrice.
Per quanto riguarda l’aspetto del sadismo, è innegabile che uno degli scopi dell’autrice era cavare fino all’ultima lacrima ai suoi lettori sventurati. Anche qui ho notato un certo eccesso, un eccesso di crudeltà da parte di alcuni personaggi (spesso semplici comparse) che ho trovato ingiustificato, fuori luogo, un extra del quale si poteva fare tranquillamente a meno. Confesso che, invece di rileggere e rileggere degli stessi abusi subiti da Jude, avrei preferito una riflessione in più sul senso della vita di questo personaggio; riflessione che sboccia solo negli ultimi capitoli del romanzo.
Insomma, un bel libro, sì, ma a mio avviso troppo… troppo enfatizzato nei suoi elementi distintivi. Oltre a questo aspetto, un altro elemento che mi ha profondamente delusa è stato il finale che a mio avviso non è riuscito a dare una giusta conclusione a un romanzo capace di tenere impegnato il lettore per mesi.
Consiglierei questo libro? Fosse più breve sì, assolutamente… ma vista la sua mole, il tempo e le energie che richiede sinceramente non saprei dire, ovviamente da un punto di vista strettamente personale, se ne vale la pena. A tratti ho davvero apprezzato questo romanzo, in altri mi ha profondamente delusa; sono certamente felice di aver intrapreso questa lettura, ma tornassi indietro non sono certa che la rifarei.
